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Rileggendo il padre nostro. Padre nostro: “Sei tutto tuo padre”,
Don Marco Pozza

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Chiamati ad essere profeti nella Storia. La forza trasformante
della Parola, M. Pina Scanu
La profezia nell’enciclica Fratelli tutti, Don Francesco Filannino

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Cara Costituzione, Matteo Maria Zuppi

L’OPINIONE
Un patto educativo globale. Il Papa per un nuovo umanesimo,
Angelo Onger

TESTIMONI
Armida Barelli e… i molti altri, Barbara Pandolfi

ESERCIZI SPIRITUALI


EDITORIALE

A margine dei risultati dell’intervista effettuata dalla CIIS ai membri anziani degli Istituti secolari, presentati all’Assemblea dei Responsabili nell’ottobre scorso e riproposti sulla rivista, mi permetto di dedicare l’editoriale di questo numero proprio alle lettrici ed ai lettori più anziani.

Abbiamo presente quei vecchietti tutto pepe delle telenovelas made in USA? Sì, proprio quei settantenni con i capelli color argento lucente che giocano a tennis tre ore al giorno, sfrecciano su fuoriserie lunghe sei metri e vanno in crociera tra brindisi al chiaro di luna e incontri galanti?
Non dimentichiamoli, sono modelli preziosi. Per invecchiare bene basterebbe infatti comportarsi in modo esattamente contrario. Il giovanilismo male inteso, l’efficientismo che punta tutto sulle prestazioni fisiche e finisce col diventare ridicolo, sono tra gli ultimi guai venuti ad affliggere l’età della pensione.
Dobbiamo re-inventare come essere consacrati da anziani e qui ognuno di noi deve “metterci la faccia”.

Il nostro volto porta le impronte della nostra vita: delle nostre abitudini, delle nostre amicizie, di ciò che abbiamo realizzato, dell’amore ricevuto e donato, delle nostre preghiere… Il volto ci riflette.
Ecco perché James Hillman ha sostenuto, nel suo libro La forza del carattere che il volto di un anziano possieda un valore inestimabile, sia un “bene comune” e che la chirurgia estetica sia da considerare un crimine contro l’umanità. Certamente ciò non è solo una provocazione, ma un approccio interessante, perché Hillman afferma che la sola vista del volto di un anziano abbia un valore terapeutico: ricorda a tutti le leggi della natura e l’importanza della vita rispetto ad altri valori. Come quel pioppo che, in un giorno autunnale, fu preda del vento di tramontana. Una raffica, più forte delle altre, si portò via tutto il manto giallo-dorato delle foglie. Rimase spoglio. Lui, che di quel manto si era tanto rallegrato, prese a gemere coi rami rinsecchiti levati in alto come braccia che implorano pietà.

“Non ho più niente – diceva -. Non valgo più nulla. Non sono più utile a nessuno”.

Ma proprio in quel momento un’allodola si posò sul ramo più alto e gli cantò una canzoncina, il cui succo era questo:
“Caro amico, non rattristarti, ti prego! Non hai più foglie dorate, ma non ti accorgi che proprio perché sono tutte cadute, tu contempli maggiore ampiezza di cielo? E più cielo riescono a vedere anche quelli che siedono qui sotto, sulla panchina”.

Credo che in questa età avanzata negli anni, il primo appello di Dio sia questo: mi chiama a contemplare più cielo nella mia vita.
I membri anziani degli Istituti possono comunicare ai membri più giovani che è possibile “salvare la faccia”, oppure “perderla”, magari sostituendola con cose di scarso valore.

Credo che noi anziani abbiamo una missione molto importante da svolgere all’interno dei nostri Istituti: rivelare il nostro volto. Papa Giovanni Paolo II ha svolto questa missione fino alla fine, nonostante le critiche ed i commenti grossolani ricevuti. Troverà in noi dei seguaci?

m.r.z.


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